lunedì 2 gennaio 2012

Perchè questo blog



Questo blog nasce da alcune semplici constatazioni. La prima salta agli occhi appena si sfoglia un qualsiasi quotidiano: l'Europa come l'abbiamo conosciuta finora - ossia un aggregato di Stati che hanno ceduto buona parte della propria sovranità  a un'organizzazione sovranazionale - rischia di essere fatta a pezzi da una crisi finanziaria i cui effetti tutti riescono a vedere, ma che pochi riescono a comprendere.
L'economia voodoo dei prodotti finanziari "creativi", dei mutui subprime, dell'accumulo mostruoso di debito, sta cannibalizzando con l'avvitamento della sua crisi l'Europa unita nata sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale e tenuta insieme dalla fede assoluta nei precetti del neoliberismo.
La seconda constatazione è che, alla fine della fiera, se l'Europa per avere diversi decenni di pace ha dovuto vendersi ai dogmi del mercato, è perchè inconsciamente disprezza sè stessa, la sua natura culturale e civile.
I disastri della WWII (d'ora in avanti, riferendomi a questo evento storico, userò per comodità l'abbreviazione inglese, che ci volete fare, sò pigro) hanno  condotto l'Europa occidentale a una forma di automortificazione - spesso inconscia ed implicita - che  ha notevolmente ridimensionato la sua autostima, giunta probabilmente ai minimi storici nel corso degli ultimi 60 anni. 
L'Europa orientale dal canto suo ha vissuto, dopo gli sfaceli terribili dell'occupazione nazista e dei regimi di estrema destra ad essa collegati, quarantacinque anni di, molto presunto, "socialismo reale", in cui ne sono successe di tutti i colori: dalla formazione di neosignorie ai limiti del paradossale (si pensi a Nicolae Ceausescu) alle insurrezioni d'Ungheria (1956) e Cecoslovacchia (1968), passando per la clamorosa suddivisione della città di Berlino attraverso il celeberrimo Muro (1961-1989), l'antifaschistischer Schutzwall (barriera antifascista) secondo la propaganda della Repubblica Democratica Tedesca.
L'Europa fu il teatro principale della Guerra Fredda, che oggi ricordiamo quasi bonariamente (soprattutto chi, come me, è troppo giovane per averla vissuta in prima persona), ma che conobbe momenti di tensione spaventosi e contribuì a creare un solco ancora più marcato tra le due metà dell'Europa, quella dell'Ovest preda dei sensi di colpa  e quella dell'Est col pugno chiuso.
Tra il 1989 e il 1991 tutto finì, come per magia, e restò soltanto un immenso, comune senso di colpa e di nostalgia indefinita. A Est esso fu somatizzato con la svendita della propria dignità al nuovo padrone americano. Poi Maastricht, l'introduzione dell'euro, il neoliberismo interpretato come la panacea, la cura di tutti i mali per l'Europa vecchia e dal cuore stanco.
Poi ancora, la crisi, il neoliberismo che mostra il fianco, il capitalismo che traballa, l'avidità dei mercati, la tecnocrazia al potere - per metterci una pezza - in Italia e in Grecia che, per un triste paradosso, sono le patrie della cività classica e dell'Europa più autentica, lontana dai mercanteggi della finanza moderna.
Qui nasce la terza considerazione: l'Europa è un'entità che ha tremila anni di storia. Anno più, anno meno.
Ha visto nascere e cadere imperi, ha sopportato invasioni e si è reinventata centinaia di volte costruendo una civiltà multiforme, sfaccettata e raffinatissima. L'Europa ospita nazioni che, nel corso della storia, hanno dato i natali a individui dotati di genio assoluto nelle arti, nelle scienze, nella politica e in ogni altro campo del sapere e del vivere comune. L'Europa ha creato un modello di civiltà che ha sempre avuto il pregio di sapersi rinnovare e modificare, anche radicalmente, a seconda del cambiamento delle esigenze comuni.
Il potenziale che ha il Vecchio Mondo - come lo chiamano coloro che più ci guadagnano dal senso di colpa eterno che incombe sugli europei - è tale da rendere del tutto superflua la stessa crisi, che non ha identità, non ha volto, non ha radici. L'Europa - o meglio il coacervo delle tante nazioni che la compongono - invece queste radici le ha. E sono belle forti. Deve solo trovare il coraggio di guardarsi allo specchio e capire che non è più tempo di affidare agli altri - ai drogati del business, alla mercatocrazia, agli oligarchi - il suo futuro e quello dei suoi figli.
Di questo parleremo in questo blog, con la speranza di raccogliere tanti interventi di persone che non ci stanno a farsi succhiare via l'anima da un manipolo di farabutti senza dignità. Ma parleremo anche dell'Europa di tutti i giorni: di quella culturale, artistica e sociale. Non ci faremo scappare nulla o, almeno, ci proveremo.

Nessun commento:

Posta un commento